Per la Funzione Pubblica CGIL le urla, le minacce, i commenti carichi di rabbia, se non peggio di odio, che stanno caratterizzando la “quarantena dello Stretto”, regalano un quadro desolante del livello sociale ed umano in cui la città è precipitata
In principio furono i “gitanti di Madonna di Campiglio”. A distanza di qualche giorno i “non pendolari” dello Stretto, in primis l’ormai famosa “Renault5” accusati, senza se e senza ma (espressione quest’ultima cara al Sindaco), di rappresentare un pericolo sociale per l’intera Sicilia. Poi le istituzioni, regionali e nazionali (con un pensiero speciale rivolto alla Ministra Lamorgese), accusate di remare contro Messina e contro tutti gli italiani. E poi a seguire, i lavoratori della MSC in prima battuta additati come “disertori” e minacciati di licenziamento perché colpevoli di non essersi “auto-arruolati” per l’ingresso alla Casa di riposo “Come d’incanto”; ed infine tutti i dipendenti pubblici, con qualche eccezione, rei di lavorare da casa in smart working, a cui dovrebbe essere decurtato lo stipendio del 50% per contribuire alla “causa”.
La Funzione Pubblica CGIL ha scelto di elencare, sinteticamente, i principali fatti che hanno caratterizzato la cronaca di Messina delle ultime due settimane, per sottolineare, una volta di più, come la città, lungi dal vivere questo periodo di quarantena in uno spirito di condivisione e di solidarietà reciproca, sta forse attraversando uno dei momenti etici e sociali più bassi degli ultimi anni.
Al distanziamento sociale imposto dal governo nazionale, e che in riva allo stretto ha assunto i contorni d uno “Stato di polizia”, sta facendo da contraltare un preoccupante exploit social/mediatico del sindaco De Luca, che contribuisce quotidianamente ad elevare la tensione e ad alimentare una caccia o una guerra contro qualcuno. Il tutto in nome di una causa che più che essere intitolata all’emergenza sociale destinata a scaturire dal blocco totale imposto dal COVID19, ogni giorno che passa sembra invece essere immolata sull’altare dell’interesse politico, del cavalcare l’onda finché la situazione lo consente.
Ebbene, la Funzione Pubblica CGIL, pur comprendendo a pieno le difficoltà del momento ed essendo ben a conoscenza, per il tramite della propria organizzazione, delle situazioni disperate vissute su tanti territori, prende le distanze da questo modalità di azione caratterizzata da urla, minacce e violenza che, ci permettiamo di dire, non sta aggiungendo nulla di più a quanto non stia avvenendo in altre zone del Sud Italia. O forse sì, qualcosa sta aggiungendo: la crescente popolarità di un singolo, in un continuo e perenne clima da campagna elettorale, ma non certo in nome del bene della collettività.